2019.08.16 – CONTINI ALESSANDRO – RDN – 101826112138

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Oggetto: 16-08-2019- Alessandro Contini – RDN – 101826112138

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autostrade per l’italia, Via A. Bergamini, 50 – 00159 – Roma – info@autostrade.it

Io sottoscritto/a Alessandro Contini, nato/a il 25/09/1981, persona di nazionalità e cittadinanza Veneta, codice unico personale 201952415241

TENUTO CONTO CHE

la formale denuncia, denominata DECLARATION ON FACTS e relativa chiusura e pignoramento della Repubblica Italiana con riferimento e per causa UCC DOC. #2012127914 e UCC DOC. #2013032035, mai confutata dall’attuale ITALY REPUBLIC entro il termine previsto così da diventare Legge Internazionale con piena validità giuridica in tutto il pianeta.

la sedicente Repubblica Italiana un tempo sovrana, dal 1934 è CORPORATION con denominazione “ITALY REPUBLIC OF CIK#: 0000052782” (d’ora in avanti I.R.) regolarmente registrata su www.sec.gov quale corporation di tipo governativo (quindi una semplice azienda privata di qualsiasi sovranità).

grazie alla registrazione della I.R. al S.E.C. (Securities Exchange Commission) essa deve sottostare e rispettare le leggi e le regole internazionali della U.C.C. (Uniform Commercial Code).

la totale, assoluta e reiterata inosservanza e trasgressione da parte dello stato straniero occupante italiano della DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI UMANI, sebbene sia stata da esso ratificata, pone in essere la conseguente condizione di schiavitù nei confronti degli Esseri Umani e per questo pignorata.

tutti gli organi e qualsiasi “autorità”, enti e società private o pubbliche, facente parte o che agiscono in nome e per conto dello stato straniero occupante italiano, sono tutte aziende ad essa subordinate e pertanto operanti in difetto assoluto di giurisdizione

tutti gli atti e/o i provvedimenti di qualsiasi natura posti in essere da una qualsiasi autorità straniera italiana nei Territori occupati della Repubblica Veneta sono privi di qualsiasi effetto giuridico in quanto posti in essere in difetto assoluto di giurisdizione ed altresì in difetto assoluto di competenza, ovvero in regime di incompetenza assoluta per materia e per territorio, con la derivante conseguenza che ogni e qualsiasi atto e/o provvedimento, comunque denominato, in ogni sua fase e/o grado del procedimento, posto in essere da una qualsiasi autorità e/o ente e/o società privata e/o pubblica straniera italiana di occupazione, sui Territori della Repubblica Veneta è a tutti gli effetti INESISTENTE, ovvero tamquam non esset.

che tutti gli effetti di atti giuridici, sia pubblici che privati, recettizi e non, normativi e precettivi, discrezionali, dovuti e necessari, compresi quelli di provvedimenti amministrativi e giurisdizionali siano essi unilaterali, bilaterali, plurilaterali e collegiali, e anche degli stessi negozi giuridici di diritto privato che si estrinsechino quali manifestazione di pensiero attraverso la parola, orale o scritta o altri segni, operazioni o atti materiali o atti reali, ossia comportamenti umani diversi dalle dichiarazioni che riguardino atti negoziali espressione di dichiarazioni di volontà o di conoscenza, di giudizio, di desiderio o d’autorità e d’imperio non possono produrre asservimento e sottomissione in schiavitù in qualsivoglia maniera e forma di qualsiasi Persona umana.

Il Governo Italiano anche se “de facto” esiste ancora perché i rappresentanti delle sue istituzioni fanno finta di nulla confidando nella ignoranza di tutti i cittadini compresi i loro subordinati, “de jure” non esiste più, quindi privo, nullo e senza valore (vedi documenti con forza di legge UCC DOC. #2012127914 e UCC DOC. #2013032035).

Il documento nr. WA DC UCC Doc# 2012113593 depositato in U.C.C., mai confutato entro i termini di legge e quindi diventato Legge Internazionale con piena validità giuridica in tutto il pianeta il quale recita: “Qualora un qualsiasi individuo perseveri nel perseguire eventuali azioni per conto di una Banca pignorata o di ‘Governo’ pignorato, causando ad un altro e qualsiasi individuo ogni danno ipotizzabile come qui descritto, egli è a titolo personale e senza alcuna pregiudiziale assolutamente responsabile dei suoi atti”.

Lo stesso stato straniero occupante razzista e colonialista italiano ha sancito l’illecita e illegale permanenza della sua occupazione sui Territori della Repubblica di Venezia con il decreto legislativo 13.12.2010, n. 212, in vigore dal 16 dicembre 2010, che ha espressamente abrogato a tutti gli effetti il regio decreto italiano 04.11.1866, n. 3300, “col quale le provincie della Venezia e di Mantova fanno parte integrante del regno d’italia

CONSIDERATO INOLTRE

Che nei territori Veneti, l’antica Repubblica Veneta detta “Serenissima”, fondata nell’anno 697, non ha mai cessato di esistere ed è tutt’ora esistente.

Che tutti i Territori della Serenissima Repubblica Veneta, rivendicati dal Movimento di Liberazione Nazionale del Popolo Veneto (MLNV) in virtù del proprio diritto all’Autodeterminazione sono sotto la giurisdizione del GOVERNO PROVISORIO VENETO quale apparato istituzionale preposto ai sensi delle norme del diritto internazionale dal Movimento de Librasione Nasionale Veneto (di seguito MLNV).

Che ogni Movimento di Liberazione Nazionale è l’organo riconosciuto dal diritto internazionale quale titolare del diritto all’autodeterminazione di un Popolo soggetto all’occupazione di uno stato straniero, da un regime razzista e/o colonialista.

Che il sottoscritto rigettante, è volontariamente registrato all’Anagrafe del Popolo Veneto, rinnegando l’imposta cittadinanza italiana e riconoscendosi di Nazionalità e Cittadinanza Veneta, sotto l’egida del Movimento de Liberasione Nasionale del Popolo Veneto (MLNV) per il tramite del GOVERNO PROVISORIO VENETO (GVP).

FORMALIZZO COSI’ IL PRESENTE ATTO CHIEDENDO
1) – a autostrade per l’italia tutta la documentazione relativa all’atto di cui al rigetto;
2) – al proprio Governo di assicurarsi che lo stato italiano non ignori e consenta il reiterarsi delle violazioni poste in essere come per l’atto di cui al rigetto:
3) – che sia riconosciuta l’inconfutabilità dell’illegale azione posta in essere da autostrade per l’italia per le ragioni in premessa.

RIGETTANDO QUESTA OFFERTA DI CONTRATTO
1) – negando il consenso al presente procedimento senza pregiudizio UCC 1-308;
2) – negando l’autorizzazione al trattamento dei proprio dati personali UCC 1-103.

RITENENDO
questo rigetto, atto notorio inalienabile, inconfutabile, innegabile e inoppugnabile.

E IN CONSEGUENZA DI CIO’
la «proposta di contratto» o comunque vogliate chiamare l’atto per cui si rigetta è NULLO AB ORIGINE.

Si chiede inoltre la pubblicazione del presente atto a mezzo ALBO UFFICIALE del Governo Veneto Provvisorio con valore di notificazione e l’iscrizione a ruolo giudiziario dei responsabili dell’emissione dell’atto e della successiva notifica o del suo tentativo, al fine di assicurare l’ulteriore a praticarsi in seno alla Giustizia Veneta

SONO INOLTRE A PRECISARE QUANTO SEGUE:
Non è etico pagare le autostrade italiane date in concessione alla famiglia Benetton perchè saremo complici di crimini contro l’umanità e comunque le autostrade dovrebbero essere statali e non private, nemmeno in parte. Vi cito due articoli che vi faranno capire meglio:
Crimini contro l’umanità da parte della famiglia Benetton:
https://www.google.it/amp/s/www.ilfattoquotidiano.it/2017/02/13/la-lotta-dei-mapuche-contro-benetton/3384721/amp/

https://www.ilprimatonazionale.it/approfondimenti/ponte-morandi-arricchirsi-alle-spalle-degli-italiani-le-autostrade-dei-benetton-127398/

Poi:
Autostrade, più stato e meno regali ai privati?
Giorgio Ragazzi
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21 Commenti
Il sistema delle concessioni autostradali ha garantito grandi profitti ai concessionari. Al di là delle controversie legali, una gestione diretta dello stato potrebbe migliorare le cose su manutenzione e investimenti. E i pedaggi potrebbero diminuire.

Tutti i profitti dei concessionari

La tragedia del ponte Morandi ha catalizzato l’attenzione dell’opinione pubblica, italiana ed estera, sulle disfunzioni del nostro sistema di concessioni autostradali, che da anni – inutilmente – pochi economisti hanno continuato a denunciare. Mentre le tariffe aumentano con regolarità, la maggior parte dei pedaggi finisce in imposte e profitti dei concessionari. Nel 2017, su 8 miliardi di pedaggi pagati 2 sono andati in Iva e canoni allo stato e 6 alle concessionarie, che hanno però fatto investimenti per meno di un miliardo. Autostrade per l’Italia (Aspi) ha avuto un margine operativo di 2.450 milioni, ma ha investito nella rete soli 517 milioni.

In questi giorni si è diffusa una critica radicale alla funzione stessa e all’utilità sociale delle concessionarie. L’istituto della concessione si giustifica in teoria perché opere pubbliche possano essere finanziate con capitali privati e poi devolute allo stato a fine concessione, senza oneri per il bilancio. Ma questo non è mai avvenuto in Italia.

Fin dall’inizio gli azionisti delle concessionarie – l’Iri, i Gavio e gli enti azionisti di tutte le altre autostrade – non hanno versato capitali – se non irrisori -, tutto è stato finanziato a debito e quasi sempre con garanzia dello stato. I capitali iscritti a bilancio sono stati centuplicati con le rivalutazioni monetarie e poi, una volta rimborsati i debiti attorno alla fine degli anni Novanta, invece di devolvere le opere allo stato come previsto dai contratti di concessione, per agevolare la privatizzazione delle Autostrade, i pedaggi sono stati mantenuti e le concessioni prorogate più volte, dando origine a un flusso di profitti elevatissimo e ingiustificato. Si può dire che la rete autostradale sia stata sostanzialmente regalata ai concessionari dallo stato (inteso come rappresentante della collettività che paga i pedaggi). Ciò è potuto avvenire perché, come scrivevo nella premessa al mio libro (“I Signori delle Autostrade”, il Mulino), non esiste nessun altro settore dove un governo o un ministro possa fare regali tanto imponenti a società, pubbliche o private, mediante la proroga di concessioni e la regolazione delle tariffe, senza che gli utenti ne percepiscano nemmeno i costi addizionali. E nessuno dei ministri che si sono succeduti è stato un eroe, anzi.

L’unico incasso è stato quello ottenuto dall’Iri per la privatizzazione della società Autostrade, poco più di 6 miliardi nel 1999. Ma appena tre anni dopo, accollando alla società un debito di analogo importo (da rimborsare con i pedaggi), gli azionisti della Schamaventotto (controllata dai Benetton) recuperarono quanto pagato all’Iri, restando però col controllo di una concessionaria che aveva ancora 35 anni di concessione e profitti crescenti di 700-900 milioni l’anno.

Un enorme profitto per i privati e una disfatta finanziaria dello stato che suscita vergogna. L’opinione pubblica ha iniziato però a capire e l’onda di indignazione suscitata dal crollo del ponte può giustificare la decisione del governo di rimettere in discussione tutto il sistema, al di là delle responsabilità del caso.

Un mestiere semplice

Revocare o modificare concessioni, anche se pesantemente squilibrate a vantaggio del concessionario, apre scenari di controversie legali su cui non commento. Potrebbe anche rivelarsi conveniente per lo stato, ma al di là dei calcoli finanziari si profila ora una opposizione ideologica da parte di quanti si dichiarano contrari alla “nazionalizzazione” delle autostrade.

In realtà, la proprietà delle autostrade è sempre restata in capo allo stato e per capire in cosa consisterebbe la “nazionalizzazione” occorre riflettere su quali siano le funzioni svolte dai concessionari e che passerebbero allo stato.
Il mestiere del concessionario è molto semplice: non deve cercarsi clienti, non è esposto al rischio di cambiamenti di gusti o di tecnologie, non ha da temere concorrenti.

Un concessionario fa tre cose: manutenzione, investimenti e riscossione di pedaggi. Se lo stato decidesse di riprendersi la gestione delle autostrade (svolgendo il servizio “in house”, magari tramite un apposito ente pubblico) potrebbe farlo senza assumere alcun nuovo dipendente pubblico: potrebbe affidare con gare separate, all’Anas o a società private, l’esazione dei pedaggi e la manutenzione, magari anche su base regionale, contenendo i costi grazie alla concorrenza (unbundling). L’Anas gestisce già la manutenzione di 26 mila chilometri di strade statali: non si vedono rischi di “nazionalizzazioni” se dovesse farsi carico della manutenzione di altri 3 mila chilometri.

Anche gli investimenti potrebbero essere appaltati con gare e con costi inferiori a quelli praticati dalle società di costruzione controllate dalle concessionarie. Il gettito dei pedaggi, che sono divenuti in sostanza delle imposte, affluirebbe nelle casse dello stato e, ai livelli di tariffe attuali, coprirebbe ampiamente tutti i costi, lasciando margini per investimenti ben maggiori di quelli fatti dalle concessionarie.

Certo, ciò richiederebbe un’attività di supervisione alle manutenzioni e agli investimenti, da parte degli organi statali preposti, assai più pervasiva di quella effettuata oggi. Ma è la stessa tragedia del ponte crollato che ha messo in luce i difetti di un sistema dove lo stato ha progressivamente affidato ai privati le scelte d’investimento e di manutenzione, abdicando di fatto al ruolo di supervisione che dovrebbe essergli proprio e che dovrà comunque recuperare.

Non si avvertirebbe certo il venir meno dell’apporto di capitali privati: nessuno dei grandi concessionari ha mai effettuato significativi aumenti di capitale a pagamento. In questo settore tutto è finanziato a debito, e così continuerebbe anche dopo la fine delle concessioni. Potrebbero invece diminuire, e di molto, sia i costi amministrativi (eliminando decine di società e consigli di amministrazione) sia, soprattutto, gli oneri finanziari. Oggi il ministero riconosce ai concessionari un tasso di rendimento sugli investimenti del 7,96 per cento (al netto delle imposte!) mentre un ente pubblico potrebbe indebitarsi a un costo attorno al 3-4 per cento sulla garanzia del flusso dei pedaggi (senza garanzia dello stato). Una differenza enorme.

Prendiamo ad esempio l’ultima delle tante proroghe concesse dal ministro Delrio, quella alla Autostrade per l’Italia per finanziare il cosiddetto “Passante” di Genova. Un progetto da 4,3 miliardi che Aspi si impegnava a costruire e a finanziare assieme ad altri investimenti per un totale di 7,8 miliardi. In cambio il governo ha concesso una proroga della concessione di quattro anni (dal 2038 al 2042), un indennizzo di subentro di 5,6 miliardi a fine concessione e una revisione della regola tariffaria per cui i pedaggi aumenteranno con l’inflazione al 100 per cento (contro solo il 70 per cento di oggi) più lo 0,5 per cento l’anno.

Tutto ciò costerà, nel complesso, maggiori pedaggi per circa 24 miliardi: tre volte l’importo degli investimenti previsti. Avviene proprio perché viene riconosciuto alla società un rendimento sui capitali investiti del 7,96 per cento, anche se le obbligazioni decennali di Atlantia fruttano un tasso lordo del 3 per cento. Se quegli investimenti venissero realizzati da un ente pubblico in grado di indebitarsi attorno al 3 per cento, il costo in maggiori pedaggi potrebbe essere inferiore a 10 miliardi.

In generale, il motivo principale dei continui aumenti di tariffa va ricercato nel fatto che gli investimenti proposti dalle concessionarie hanno una redditività inferiore al tasso di remunerazione del capitale riconosciuto loro dal ministero e pertanto devono essere remunerati in tariffa. È probabile che la redditività attesa degli investimenti venga sottovalutata dalle concessionarie per ottenere maggiori incrementi tariffari, ma è comunque difficile trovare investimenti che rendano circa l’8 per cento (dopo le imposte). Se vogliamo che i pedaggi cessino di crescere, e magari diminuiscano, occorre ridurre drasticamente il loro costo finanziario, e questo sarà possibile solo se a finanziarli sarà un ente pubblico senza scopo di lucro.
https://www.lavoce.info/archives/54644/autostrade-i-vantaggi-della-nazionalizzazione/
Ancora rincari? Quindi continuano a prenderci in giro:
https://www.ilsole24ore.com/art/autostrade-nuovi-rincari-l-esodo-ecco-perche-ACpKlrP

16-08-2019
In fede: Alessandro Contini

REPUBLICA VENETA
MOVIMENTO DE LIBERASIONE NASIONALE DEL POPOLO VENETO
GOVERNO VENETO PROVISORIO

Oggetto: CERTIFICATO DI REGISTRO NR.101826112138

Si attesta che in data 16-08-2019, Alessandro Contini, nato/a il 25/09/1981, persona di nazionalità e cittadinana Veneta, codice unico personale 201952415241, ha formalizzato la registrazione del rigetto di notifica presso il Governo Veneto Provisorio costituito dal Movimento di Liberasione Nasionale del Popolo Veneto (MLNV) ai sensi e per gli effetti dell’art.96.3 del Primo Protocollo addizionale (1977) alle convenzioni di Ginevra del 1949.
La persona interessata ha chiesto la pubblicazione del presente atto a mezzo ALBO UFFICIALE del Governo Veneto Provvisorio con valore di notificazione e l’iscrizione a ruolo giudiziario dei responsabili dell’emissione dell’atto e della successiva notifica o del suo tentativo.
A tale rigetto di notifica il sistema informatico ha attribuito automaticamente il seguente codice unico: 101826112138

ATTO RIGETTATO
data dell’atto rigettato: 15-08-2019
contrassegnato da nr./codice: mancato pagamento n° 4031174388
emesso da: autostrade per l’italia
a firma di: Nessuna firma
la cui notifica è stata eseguita o tentata a mezzo: Ricevuta del casello autostradale della azienda autostrade per l’italia
in data: 15-08-2019

REPUBLICA VENETA
MOVIMENTO DE LIBERASIONE NASIONALE DEL POPOLO VENETO
GOVERNO VENETO PROVISORIO
WSM
Venetia lì 16-08-2019
La Segreteria di Stato